Una mappa mentale è una forma di rappresentazione grafica del pensiero teorizzata dal cognitivista inglese Tony Buzan, a partire da alcune riflessioni sulle tecniche per prendere appunti.
Le mappe mentali hanno una struttura gerarchico-associativa. Questo significa che sono solo due le tipologie di connessioni che possono essere create.
Gerarchiche (dette anche rami) che collegano ciascun elemento con quello che lo precede;
Associative (dette anche associazioni) che collegano elementi gerarchicamente disposti in punti diversi della mappa.
La struttura portante di una mappa mentale è sempre gerarchica; le relazioni associative aiutano ad aumentarne l’espressività, evidenziando la presenza di legami trasversali mediante frecce.
Essendo gerarchica, la mappa mentale ha necessariamente anche una geometria radiale: all’elemento centrale troviamo collegati degli elementi di primo livello, ciascuno dei quali può essere collegato con elementi di secondo livello e così via.
In genere la disposizione grafica degli elementi è a raggiera, ma è possibile estendere queste considerazioni anche ad altre forme di connessione, come quella a spina di pesce oppure ad albero.
La mappa mentale è uno strumento votato alla creatività, alla memorizzazione, all’annotazione in chiave personale.
Per questo il suo ideatore Buzan ha formulato il suo modello incentrandolo sull’evocatività: tutti gli elementi di una mappa mentale devono essere ricchi di immagini fantasiose e colorate, perché da un lato rendono gradevole la rappresentazione, dall’altro stimolano l’emisfero cerebrale destro, le cui funzioni supportano facoltà come la creatività, la memoria, la fantasia, l’intuizione.
Per questa ragione è importante che una mappa mentale venga prodotta a colori fin dalle prime fasi di realizzazione, e non colorata in un secondo momento. Inoltre gli elementi devono essere descritti con singole parole chiave e non con periodi estesi, così da lasciare spazio a nuove associazioni e a possibili integrazioni.
Il modello realizzativo delle mappe mentali è essenzialmente associazionista: si procede inserendo e ricombinando dinamicamente gli elementi nella mappa, utilizzando una struttura gerarchico-associativa e applicando il processo di associazione mentale.
In tal senso è grande la differenza con le mappe concettuali, che sono impostate secondo un modello connessionista (sono previsti due momenti distinti: quello dell’individuazione dei concetti e quello della loro combinazione).
È importante notare che una mappa mentale non ha un’impostazione gerarchica assoluta ma di contesto e dispone gli elementi intorno a un centro secondo una raggiera: ciò che sta al centro è il punto di partenza, ciò che si colloca radialmente è punto intermedio di un processo associativo virtualmente infinito.
Tra i vari elementi della mappa non vi è un vincolo di inclusione: per esempio, se il punto di partenza fosse il “cinema”, potrei pensare al “tempo libero” come elemento di primo livello, ma se partissi dal “tempo libero” potrei tranquillamente associargli al primo livello il “cinema”, rispettando comunque il principio associazionista.
Le mappe mentali fanno leva soprattutto sulle capacità creative personali e di gruppo, sulle risorse mentali inconsce, sulle sinestesie create con colori e immagini, sui processi che spontaneamente ristrutturano le informazioni e che ogni volta lasciano aperta più di una chiave interpretativa.
Per queste ragioni le mappe mentali sono particolarmente efficaci come strumenti di annotazione e di apprendimento, come supporto all’elaborazione del pensiero e alla creatività, come ausilio nell’orientamento personale e nella costituzione di gruppi di lavoro.
Sono invece meno efficaci nella rappresentazione della conoscenza, dove l’evocatività della mappa mentale induce una minore efficacia comunicativa e maggiori margini di ambiguità.
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Fonte: Wikipedia / Immagine: Ettore Ferrusi